IMPRINTING

 Lontano dalla sua storia e dalle sue grandezze passate, paestum è un luogo dualistico, lento e noioso. La strada è dritta e asfaltata, da un lato ci sono piccole costruzioni su due piani, con al piano terra negozi che invadono l’ampio passaggio, dall’altro dietro un recinto di inferriate si ergono testimonianze storiche. È sera, i templi sono illuminati da una luce gialla molto calda, che sottolinea tutte le modanature del caso. Lo sfondo è nero, buio pesto. Ma la strada dove si cammina è trafficata e rumorosa, la gente passeggia e parla, le botteghe di souvenir sono un via vai continuo di gente, il moto generale non è ordinato, ma costante e ininterrotto. È questo il primo dualismo che compone questo luogo. All’interno di un antico recinto murario in pietra, è condensata la vita mondana del posto e la sua storia, una viva, rumorosa e caotica, l’altra statica, frammentata e solenne.

In questo paesaggio ad un paio di kilometri di distanza c’è la casa dei miei nonni. affaccia su una strada lunga e rettilinea che separa le case dai campi agricoli, nascosti da un fitto filare di cipressi. La casa è grande su due livelli, fuori ha un aspetto severo e razionalista, un parallelepipedo bianco con qualche finestra in legno. Il giardino è funzionale e razionale, la strada cementata prosegue fino al garage, poi un piccolo pollaio e un orto ombreggiato da alberi da frutto. L’abitazione si trova al piano superiore, superato il portone in legno. L’ingresso da su un lungo corridoio cieco che distribuisce gli ambienti a destra e sinistra. Le porte che separano le varie stanze dal corridoio sono tra loro simmetriche. A destra si ha la cucina e il salotto, a sinistra la sala da pranzo e due camere da letto. In fondo c’è il bagno. Manca un sistema di riscaldamento. In cucina c’è il camino mentre nella sala da pranzo una grande stufa, il resto della casa rimane fredda e praticamente inabitata. Questo modo di vivere negli unici due ambienti riscaldati rimane anche nella stagione estiva, nonostante venga a mancare la necessità di racchiudersi attorno al fuoco. Specchio delle mura antiche, anche nelle mura domestiche si rispecchia quel dualismo. Da una parte la vita in fermento, tra cucina e sala da pranzo invasa da parenti amici familiari, dall’altro il vuoto, il silenzio e la noia.

La noia è stato un importante preteso per l’imprinting. Il grande salotto in quanto ambiente non riscaldato era disabitato, eccezione fatta per quando si facevano feste. Le pareti erano ricoperte da carta da parati verde smeraldo con intessiture dorate. I divani in velluto avevano la stessa tonalità di verde della carta da parati. Poi un susseguirsi di arredo in noce scuro: il tavolo e le sedie, la libreria, la vetrinetta, il tavolino da caffè, i braccioli dei divani e delle poltrone. L’unico elemento nero era il pianoforte e il suo sgabello. Non c’era la televisione e questo rendeva questa stanza ancora meno frequentata. Eppure per me era la stanza più bella di tutta la casa. L’esperienza era sensoriale, nonostante fosse molto buia. Accarezzare il velluto dei divani prima in un verso e poi nell’altro per vederne cambiare il colore, ripassare con le dita nelle modanature dei braccioli in legno delle poltrone, suonare i tasti del pianoforte lentamente per capire il momento esatto in cui veniva emesso il suono rispetto a quando si iniziava a premere. Ero troppo piccola per poter arrivare ai pedali, quindi la durata della nota era molto breve.



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